relazione di novembre

Carissimi soci e amici, nelle consueta relazione mensile sulle attività dell’Associazione, mi si consenta di indicare la linea rossa che le collega, vale a dire il rapporto fra cultura e potere, ovvero ancora fra intellettuali e potere. Qualcuno potrebbe obiettare, però, cosa c’entri la presentazione del bel libro di memorie locali Musica e folklore di Sicilia, i cori di Val d’Anapo, curata dal Maestro Tonino Bonasera, presentato nel caffè letterario dello scorso 4 novembre. E ciò tanto più che il tema predetto emerge ben chiaro sia nella conversazione in memoria del poeta Klaus Rohleder del 16 novembre, tenuta dalla dott.ssa Manuela Brancato, che nella proiezione del film di Joseph Losey sulla vita di Galileo del 29 u. s., nella accogliente sede del Museo del cinema di Remo Romeo. Ma a ben vedere il legame sussiste. Certamente, brilla come non mai nel caso della Vita di Galileo, tratto dall’ottima commedia – o dramma ? – di Bertold Brecht, massimo autore tedesco del ‘900, che sarà oggetto della imminente lezione che ci terrà il prof. Fernando Gioviale (il prossimo 6 dicembre). Infatti, ricordate che questa “piece” viene scritta e rappresentata fra il 1938 e il 1943 (gli anni dell’esilio americano, i migliori per la sua produzione artistica), La vita di Galileo costituisce un monumento miliare del teatro moderno e oggi resta non solo la migliore realizzazione del teatro epico, ma anche una perfetta opera di divulgazione di un passaggio storico essenziale della cultura scientifica, quando la scienza si svincolò dalle pastoie della cultura dominante e diventò autonoma, per servire l’uomo e liberarlo dalla schiavitù prima dei bisogni naturali e poi della politica. Si badi: come disse lo stesso Galileo, “la nuova scienza non ci dirà mai come si arrivi in cielo, ma come si muove nei cieli”. E poi,”beato quel paese che non ha bisogno di noi” frasi dell’opera molto note, che disegnano una figura umana nelle sue più umili e contraddittorie condotte che portarono Galileo ad abiurare alle sue teorie, pur ripetendo di fronte alla commissione Pontificia di Inquisizione, a bassa voce, ma ben chiara, l’universale battuta”eppure si muove!..” Il teatro didattico di Brecht questo voleva; far discutere, provocare dibattiti, scendere nella storia quotidiana, celebrare un’antieroe, sceneggiare le sue debolezze e le sue passioni, magari illuminare le pochezze di un uomo, sia pure generale. Un uomo che sfrutta commercialmente l’invenzione del cannocchiale, peraltro non sua; un uomo che per vivere tenta di combinare un matrimonio d’interesse per la figlia, che non ama affatto il fidanzato; un uomo che per paura di essere torturato abiura a tutto quanto ha costruito con riga e compasso, superando la tradizione, provando e riprovando e codificando la fisica moderna- Proprio quell’uomo che di nascosto, mezzo cieco, scriverà quei trattati scientifici che oggi ci consentono di vivere una vita più lunga e più agiata, Che uomo è allora, per Brecht?Soprattutto: quando Brecht vedrà nel 1953 i morti della rivoluzione democratica nella Berlino Est di Ulbricht, come poteva giustificare quella strage, ossequiando il regime dittatoriale comunista? Sì, lo ossequiò come fece Galileo: ritirandosi ad Arcetri, il Grande Italiano aveva capito che per salvare la scienza dalle fiamme del potere, doveva cessare di parlare e continuare a scrivere; chiudendosi a Buchow, Brecht salvava il suo Teatro Berlinese e le sue opere dal fuoco stalinista. Fingere per vivere, fingere per crescere, covare sotto la cenere per far rinascere la cultura tedesca, come avverrà nel 1989. Né più e né meno, fece Klaus Rohleder nella seconda metà del ‘900: anch’Egli uomo di teatro, convinto assertore del teatro dell’assurdo di Beckett e Jonesco, componeva in solitudine nelle sue terre vicino a Lipsia, inviso al potere comunista e principalmente ai suoi concittadini che non lo capiranno né prima né dopo la caduta del Muro. Come Brecht, la via dell’esilio, Lo vedrà arrivare in Sicilia, dopo aver conosciuto proprio un siracusano, il maestro Joe Schettino, musicista emigrato in Germania per motivi non solo ideali, ma certamente umani, alla ricerca di un lavoro che lo appassionava, scrivere e suonare musica contemporanea. Fra l’esule politico e l’esule economico, l’alleanza fu presto fatta: Etnea Lieder JS 89, che fra tanta coproduzione di opere e commedie non solo rinsaldò la loro amicizia, ma riaprirono le porte a Klaus, ritornato a Lipsia con maggiore speranza di essere riconosciuto per quello che era. Come Brecht, anche Klaus morirà con il tavolo pieno di proposte e di progetti artistici, ma ambedue ben consci di essere riusciti a raggirare quel Potere che lo aveva sempre osteggiati e perseguitati. Anche ora però, ritorna la domanda;”cosa c’entrano Tonino Bonasera e i Cori di Val d’Anapo?” Se solo si aprisse il libro e si guardasse l’eccezionale corredo fotografico che lo anima, capiremmo subito; quanta Germania – e non solo! – nelle trasferte del gruppo folk; quanta presenza di governanti locali che i Cori dovettero riverire per esprimere le melodie popolari perfino nella loro terra. Quante attese, quante speranze, quante illusioni, quante sconfitte; ma quante vittorie, quanti riconoscimenti per la loro arte e soprattutto, il loro ricordo che rimane scolpito nella storia quotidiana di Siracusa e della Germania. Ci piace allora chiudere col verso di Brecht:”oh, Noi che abbiamo voluto apprestare il terreno alla gentilezza, noi non si potè essere gentili. Ma voi, quando sarà venuta l’ora che all’uomo un aiuto sia l’uomo, pensate a noi con indulgenza”.

CAFFE LETTERARIO DEL 4 NOVEMBRE
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CONFERENZA DEL 16 NOVEMBRE
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