Relazione di ottobre

Relazione di ottobre

Con la magnifica conversazione-lezione sulle ultime poesie di A. von Platen tenuta dal prof. MarioRubino del 25 u.s., si è concluso il programma del mese di ottobre. Inoltre il prof. GiuseppeGalletta, al caffè letterario del 15 ottobre u.s., ci ha approfonditamente spiegato il contesto e il merito di un opera minore di Max Weber, La politica come professione (1919). Ma poco prima – l’11 ottobre- abbiamo visto al Museo del cinema un film poco noto – e per di più all’epoca fortemente contestato – dell’ultimo periodo creativo di Vittorio de Sica, I sequestrati di Altona(1963). Se provassimo a ritrovare il filo logico dei tre eventi, ci sembra che forse non sbaglieremmo nell’individuare un tema spesso attraversato dai critici della cultura germanica del ‘900, la costante ambivalenza e l’alternanza di valori che l’hanno caratterizzata dall’inizio del secolo. Esaminiamo, per esempio, la tematica sartriana dalla rimozione del nazismo nella società tedesca di Adenauer e della ripresa, anche alla luce della divisione del Paese e del Muro di Berlino. Rimozione per
giustificare la sostanziale continuità della classe dirigente post nazista, oppure per chiudere col passato più recente e riprendere il discorso della Germania finalmente più europea e più democratica, come se le speranze di Weimar si fossero veramente avverate? Ambiguità di letture che non trovano risposta nel film di De Sica. Alla cui difesa intendiamo però contribuire segnalando l’ottima interpretazione di un pool di attori e di un equipe tecnica che oggi ci possiamo sognare; senza dimenticare il saccheggio che questo film ha subito da parte di Visconti con la sua Caduta degli Dei .. Al di là del giudizio squisitamente cinematografico, l’ambivalenza di valori chepermeava la società tedesca dell’epoca derivava dai nodi irrisolti dell’età del primo dopo guerra e certamente sviscerata proprio da Weber con il suo breve quanto intenso saggio del 1919. La politica come professione, ovvero das Politik als Beruf, dove Beruf implica non un’attività di prenunto interesse generale rivolta al guadagno personale, se non alla truffa della collettività, quanto e piuttosto un’arte intellettuale diretta alla sicurezza e al benessere della società. Passione, responsabilità e lungimiranza ne erano i paralleli elementi dominanti. Né sola passione, né sola responsabilità, né tanto meno interesse di parte o, peggio, interesse personale, neppure se rivestito di un alone di convinzione ideologica. Di qui, la proposta di un’etica della responsabilità che fa del politico un profeta dei valori pratici, che deve tenere conto degli effetti della sua azione, mediando fra valori non solo teorici e cercando di raggiungere il bene comune, anche a svantaggio delle convinzioni personali. E questo messaggio di politica sociale ci pare che confermi quella sostanziale ambiguità della società tedesca successiva al primo conflitto mondiale e di cui la Repubblica di Weimar rappresentò la realtà di confronto nel politeismo dei valori proprio del ‘900. E veniamo ad August von Platen nel 188° anniversario della Sua nascita. Abbiamo voluto presentare – nell’ottima traduzione del prof. Mario Rubino – due ultimi suoi inni, che potete leggere a margine di questo
portale: L’inno alla Sicilia e L’inno a Palermo (1835). Ascoltando l’intervento di Mario Rubino, emerge un Platen ben diverso, non lontano dall’ultimo Goethe che proprio disse di quest’ultimo: “possiede qualità brillanti e tuttavia non possiede l’amore”. Ma del pari Goethe aveva pure esaltato le qualità tecniche del Platen, pur svilendone i temi. Anzi Heine, suo acerrimo nemico e anche poco amato dallo stesso Goethe, ne aveva accettato giocoforza la potenza della forma poetica. Ebbene, nei due inni presentati, l’illustre relatore ha ravvisato un Platen diverso da quello disegnato dal Goethezeit, fino a qualche decennio fa: non è più assoluto il giudizio classicheggiante, omoerotico e individualista dei Sonetti veneziani e delle Ballate, ovvero delle sottovalutate commedie antiromantiche della prima gioventù. Ma è il Platen dell’ultimo lustro di vita che va studiato e che oggi va riscoperto: di Platen, cioè, va riletto il Diario che lo vede impegnato in politica coi famosi “Polenlieder” odi a difesa della Polonia, pubblicati nel 1831. E proprio, alle due poesie, scritte in forma di inni, che compose nel 1835 in Sicilia, si è soffermato il Rubino, vietate agli italiani perché dense di un illuminismo laico e liberale, caratteristica che non appariva ben definita nelle opere precedenti. Contro i pregiudizi della Chiesa e dei “pretacci” nell’Inno a Palermo e contro la “fuga” di Proserpina dalla valle di Enna, mentre “Zeus fa precipitare la Sicilia nell’incantesimo di un sonno inerte e senza fine”, senza la divinità che l’aveva protetta fino all’avvento di Cristo: la caduta degli Dei, da cui si salvano soltanto i Gattopardi. Sì, perché Platen anticipava qualcosa di Tomasi di
Lampedusa e del famoso discorso del Principe a Chevallier… Modernità di Platen, dunque? Forse.. Ma anche un politeismo di valori che il poeta fa Suo nel significativo finale dell’Inno alla Sicilia: “Di presunzione m’accusano non pochi, e tuttavia non c’è chi è più modesto di me, che lentamente spiegai le ali e solo tardi colsi la forma più compiuta”. Il riconoscimento di un difficile cammino di vita, dove l’omoerotismo incancellabile era conseguenza della rigida educazione dell’epoca, dietro la quale convivevano valori umani irrisolti e ipocrisie macroscopiche. Del resto, lo stesso Goethe aveva rotto tutti i valori dell’epoca e si era posto a perseguire l’ideale romantico viaggiando in Italia, ma poi si era nuovamente integrato nel sistema, divenendo consigliere di corte. Platen vuole rivendicare il ribellismo alle convenzioni sociali e dunque accede all’omoerotismo e poi al nazionalismo dei popoli, non addivenendo ad alcun compromesso. E in questa convivenza di valori e in questo donchisciottismo alla Tristano – come lo catalogò Thomas Mann – ritroviamo il filo
conduttore dei tre eventi di ottobre, dove la politica machiavellica di Weber, la denunzia della rimozione del male nazista di Sartre e la devianza di Platen sembrano essere le facce di uno stesso umanesimo, su di cui la cultura contemporanea non deve cessare mai di riflettere.

CAFFE’ LETTERARIO DEL 15 OTTOBRE 2013
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CONFERENZA PROF. RUBINO 25 OTTOBRE 2013
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CAFFE’ LETTERARIO DEL 4 NOVEMBRE 2013
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