Caffè letterario del 5 ottobre

Carissimi Soci e Amici, riprendono i caffè letterari del venerdì con le graditissime conversazioni del prof. Mario Valastro, che proseguiranno nella veste consueta il prossimo 9 novembre. Intanto, il Nostro Mario si cimenta nei “racconti di Hoffmann”, tema che accomuna in modo unitario opera e Autore, mai separando l’oggetto dal soggetto, operazione che spesso i recensori fanno con esiti contraddittori. Invece – e molto proficuamente – Mario non cade in questo tranello intellettuale: la vita e le opere di E.S.A. Hoffmann, scrittore certamente romantico ma anche portatore di un’inquietudine che non sfuggì a Freud e Mann s’intrecciano nelle sue novelle, al punto che il processo immedesimazione dell’autore con il suo testo confonde e perturba il lettore. Sì, perché i racconti di Hoffman, scuotono chi li legge per la modernità: pensiamo a “Il cavaliere Gluck”, un breve racconto del 1809, dove il fantasma di Christoph Gluck, compositore del ‘700, compare al narratore e lo affascina con le sue innovative melodie al punto da farlo impazzire, come farà Leverkühn nei confronti del pubblico a ltermine del “Doktor Faustus” di Mann. E che dire dell’Uomo della sabbia (“Der Sandmann”, 1816), dove, fra le tante suggestioni, ritroviamo il protagonista, la donna amata in forma di bambola meccanica e la fidanzata in carne ed ossa, tutti in cima ad una torre, in preda a una follia delirante, torre della quale il protagonista si getta dopo aver tentato di strangolare la fidanzata, perturbato della marionetta, doppio della donna in carne ed ossa… Non vi sembra il finale della “donna che visse due volte” di Hitchcock?” Ma Hoffmann è molto di più: è un musicista – ricordiamo il poema sinfonico “Undine” del 1814; un critico musicale – “la musica strumentale di Beethoven”, 1813 – il romanzo “I confratelli di Serapione”, 1819/1821, dove  ironizza sui circoli liberali e anticipa il “circolo Pickwick” di Dickens. E poi, il tema del “Sosia” e la successiva “fortuna al gioco” che impressionarono Dostoevskij; la figura del “gatto Murr”, che aveva già influenzato “Il gatto con gli stivali” di Tieck; senza contare “La gara dei cantori” (1818), tema chiaramente wagneriano; fino alla “finestra del cugino”, tema che non solo ritornerà con Hitchcock, ma che Ozpetek, regista italo/turco, ha di recente riproposto sugli schermi con grande successo. In attesa delle conclusioni di Mario, Noi ci limitiamo a notare la “rappresentabilità”, o meglio, la “cinematograficità” delle opere di Hoffmann, per la capacità visiva e sconvolgente sia delle trame – perché coinvolge l’io interiore e l’io sociale in perenne conflitto – che delle scene, nonché per il loro colpo d’occhio d’insieme – la descrizione della bambola meccanica che Offenbach riproduce all’opera nei “racconti” è emblematica – tanto da profetizzare il robot di Lang in “Metropolis”, caposaldo del cinema. Ma ecco le riflessioni del prof. Valastro.

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