Literarische Kultur-Cafè del 12.02.2012

Ricordo di Christa Wolf.

Lo scorso 1° dicembre è venuta a mancare Christa Wolf, una delle maggiori scrittrici della Germania del ’900.Aveva 82 anni, di cui ben 60 vissuti nel dramma della separazione delle due Germanie, dopo aver  vissuto per più di 40 sotto il Regime della D.D.R. Antinazista convinta – anche se conobbe troppo giovane gli orrori della Shoa e della dittatura  hitleriana, come ci narra in uno dei suoi tanti romanzi Kindheitsmuster (trama di infanzia) – e fedelissima comunista – tanto da far parte del comitato centrale del partito dal 1962 al 1977, come segretaria dell’Unione degli scrittori della D.D.R. Christa Wolf, in modo progressivo, ma sempre in modo più intenso, andava cercando formule di mediazione culturale col potere autoritario e illiberale che si era insediato rapidamente sulle ceneri del Terzo Reich.Studiandone la notevole bibliografia – si contano ben 30 pubblicazioni fra romanzi, racconti e saggi fra il 1961 e il 2010 – emerge la notevolissima questione che divise i suoi lettori non solo di lingua tedesca: fu dissidente del regime di ferro della vecchia D.D.R.? O ne fu una corifea, una delle tanti voci che si turarono il naso pur di accettarne la realtà quotidiana, fatta di ingombranti interventi sul proprio Io del quale la Wolf ne fece il proprio tema di narrazione.Oltre la citata Trama di infanzia, la Wolf va ricordata per le Riflessioni di Christa T. (1968), Il cielo diviso (1963) – da cui fu tratto un film di successo che  Lei stessa sceneggiò e che alla mostra  del cinema di Berlino del 1991 rinnovò le stesse attenzioni che gli stessi critici tedeschi orientali non riuscirono ad attenuare proprio negli anni della Guerra fredda – Cassandra (1983) – che inaugurò il nuovo mito femminista nell’Est del dissenso – Guasto (1987) – sul disastro di Chernobyl che fa da sfondo a una grave operazione del fratello – Recita estiva (1989) – dove un gruppo di intellettuali che si ritrova in una casa di campagna in ferie, pronti a fare carneficina dei loro vecchi valori socialisti, come faranno Bergmann e Allen contemporaneamente nella ricca società occidentale. E tuttavia Christa Wolf insiste, forse ingenuamente, di riformare dall’interno, col proprio linguaggio, la dura realtà della D.D.R., che emblematicamente Le vite degli altri, solo negli anni 2000, ci apparirà compiutamente nelle sale cinematografiche. Di quella società comunista invasiva la Wolf diede per tempo conto e immagine completa, ma non ebbe il coraggio di rifiutarla e di distaccarsene completamente. Comprese, cioè, che il proprio Io non poteva più vivere in quella storia, ma che questa doveva scendere nella propria persona, lottando l’una contro l’altro, magari separandosi l’una dall’altro, come nel Cielo diviso, dove la fede nel socialismo poteva perfino infrangere una storia d’amore, sotto un cielo comune ed diviso allo stesso tempo.Il linguaggio della Wolf diventerà sempre più frammentario, complesso e bonario, con frasi che si spezzano, con stacchi di vita quotidiana accavallati a riflessioni dolorose, oppure ironiche, che scaturiscono da un tormento interiore che va dal ricordo del passato, che non muore mai. Ce ne stacchiamo e agiamo come se ci fosse estraneo (così in Trama di infanzia).Ci sovviene, allora, la figura di una altro grande scrittore di lingua tedesca del Rinascimento, Erasmo da Rotterdam, che fu un conservatore riformista, non un rivoluzionario radicale come Martin Lutero. E come Erasmo, Christa ricordava il passato, ripeteva la propria Fede, ne rielaborava i valori, ma non ebbero il coraggio di superare il potere della Chiesa Cattolica l’uno, ovvero il potere monolitico del Partito comunista Tedesco l’altra.Ambedue, però soffrivano e si opponevano da liberi intellettuali ad ogni prevaricazione dei diritti umani. E la Wolf in Che cosa resta del 1990 spera ancora nel socialismo dal volto umano; come Erasmo si poneva a respingere la rivolta di Lutero facendo appello al libero arbitrio, pur nel contesto dell‘obbedienza alla Chiesa universale.La loro pregevole opera letteraria raggiunse lo scopo di conservare senza distruggere? La Controriforma nel dopo Lutero e la crisi della globalizzazione liberista attuale sembrano dire il contrario. A noi resta – come dice ben la Wolf – la letteratura, l’ironia che ci deve pervadere per non morire di rabbia o di delusione, come ci insegnò l’ultimo Thomas Mann e che la Wolf ritroviamo nell’ultimo Suo scritto La città degli angeli.

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